Pubblicato il: 21 dicembre 2013

Archiviato il: 11 gennaio 2014

La confraternita e la logica del servizio



Intervista al nuovo Priore Sergio Pignatelli: dall’iscrizione al sodalizio antoniano molfettese nel 1987 ai ruoli ricoperti nella Confraternita, fino alle motivazioni basilari per l’accettazione della carica priorale per il prossimo triennio 2014-2016. Il nuovo Priore, Sergio Pignatelli, a tutto tondo
in un’intervista rilasciata al foglio informativo confraternale
“Si Quaeris”.

 

 

 

Sergio Pignatelli, quando e per quale motivazioni ti sei iscritto alla Confraternita di Sant’Antonio della Città di Molfetta?

 

«Mi sono iscritto nel 1987, quando avevo appena 8 anni. La mia famiglia mi ha sempre portato ad assistere alle processioni, in particolare a quelle della Settimana Santa evidenziandone la loro importanza storica e culturale. Questo ha sempre destato in me fascino e attenzione. Mio nonno materno, poi, era confratello del sodalizio antoniano ma, contrariamente a quanto accade spesso nel nostro sodalizio, e cioè che i nonni iscrivono i nipoti, non mi ha mai fatto pressioni per un mio inserimento in questa Confraternita. È stata una mia scelta, paradossalmente contraria agli interessi di mia madre che avrebbe preferito m’iscrivessi a una delle due Confraternite della parrocchia di San Gennaro, considerata la vicinanza dalla casa di mia nonna materna. Alla fine, la spuntò quel ragazzino di 8 anni, forse ammaliato dai lineamenti gentili della nostra icona, in particolare, dal viso accogliente del giovin Antonio e del Bambinello».

 

 

Quali ruoli hai assunto all’interno del Sodalizio nei tuoi anni associativi?

 

«Sono stato Revisore dei Conti e Responsabile della Cassa Pane di Sant’Antonio, entrambe le cariche ricoperte per tre anni. Nel 2005 ho fondato, in collaborazione con i confratelli Carlo Pasculli e Nicola Giovine, il foglio informativo confraternale “Si Quaeris”. Le varie amministrazioni che si sono succedute mi hanno, poi, assegnato il compito di caporedattore dello stesso».

 

 

Cosa ti ha spinto a scegliere, in veste di assistenti, i signori confratelli Nicola Giovine e Giuseppe Pasculli?

 

«Sono due persone che conoscono bene l’ambiente confraternale e con cui, oltre a condividere un bel rapporto, abbiamo in comune gli stessi ideali e le stesse idee sulla Confraternita. Non ho sottovaluto, inoltre, che sono rispettivamente il segretario e l’economo dell’amministrazione corrente. Pertanto, saranno preziosi per garantire la continuità dei progetti intrapresi. Nicola Giovine, poi, è già stato pregiato componente dell’amministrazione presieduta dal priore Corrado Grillo».

 

 

Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto ad accettare la candidatura a priore?

 

«Inizialmente sono rimasto basito di fronte alla scelta manifestata dalla Consulta e dal Consiglio di Amministrazione. Più che onori, il ruolo di Priore richiede notevoli oneri. Questo spaventa e anche molto. Perciò, ho avvertito da subito un senso di inadeguatezza al ruolo, dettato più che altro dalla paura ad assumerne le responsabilità. Poi, riflettendo con più calma, con l’aiuto della mia famiglia e di alcuni confratelli, ho capito che il timore non era un presupposto valido per intralciare i piani che il Signore e Sant’Antonio avevano e hanno predisposto per la nostra Confraternita. Se la candidatura di un’amministrazione giovane è una grande opportunità per il Sodalizio, la mia accettazione è altrettanto doverosa».

 

 

Cosa significa essere Priore della Confraternita di sant’Antonio?

 

«Significa profondere parecchie energie per gestire una comunità in cammino come la nostra. E, per far sì che questa comunità non si fermi mai, bisogna lavorare tantissimo. Molti sottovalutano il lavoro che la macchina organizzativa del Sodalizio svolge durante tutto l’anno per arrivare pronta agli appuntamenti consueti che la contraddistinguono. Significa anche essere guida attendibile e umile. Se per don Tonino un vescovo deve profumare di popolo, è ragionevole dedurre che un priore deve profumare di confraternita, deve cioè vivere la confraternita standovi nel mezzo, né in testa, né in coda perché è solo stando nel mezzo che una guida acquista credibilità».

 

 

Come saranno impostati i rapporti con l’esterno, con le altre Confraternite locali e, in particolare, con la Confraternita patavina di Zagarolo?

 

«Con dialogo, apertura e collaborazione. Le confraternite hanno enormi potenzialità, purtroppo spesso dormienti per eccessi di pigrizia».

 

 

Perché un giovane priore alla guida della Confraternita?

 

«Non voglio enfatizzare l’aspetto “giovane” dell’amministrazione. Non credo di essere stato scelto per questo. Credo, piuttosto, che chi ha operato la scelta abbia valutato i tanti anni passati “dietro le quinte” a servire il Sodalizio. Attività oscure che, evidentemente, non sono passate inosservate. Solo il mix tra questa operosità e le energie e le prospettive giovanili può diventare di utilità. L’uno senza l’altro e viceversa non creerebbero nessun vantaggio alla Confraternita».

 

 

La tua nomina può essere interpretata come la volontà di iniziare un percorso di rinnovamento all’interno della Confraternita?

 

«La nostra Confraternita è in continuo rinnovamento già da diversi decenni. Potrei fare tanti esempi tra cui la comunicazione intra e interconftraternale e la gestione amministrativa. La mia amministrazione pertanto non dovrà iniziare un nuovo percorso di rinnovamento, ma perseguire la strada che è già stata segnata dalle amministrazioni che ci hanno preceduto».

 

 

Quale sarà la tua posizione rispetto alle tradizioni religiose e laiche?

 

«Le tradizioni fanno parte di aspetti storici e culturali che sono ingredienti fondamentali di qualsiasi confraternita. Devono essere, perciò, salvaguardate nella loro interezza. Questo, però, non deve rendere il sodalizio una comunità mummificata in vacuo associazionismo da parata. Se le nostre manifestazioni esterne non saranno attestazioni credibili, potremmo anche organizzare processioni su processioni, ma saranno soltanto la passerella della nostra incoerenza».

 

 

Quali sono i principi cardine che ispireranno il tuo priorato? Come Priore, hai già deciso in che modo approntare l’attività futura che dovrà svolgere la Confraternita?

 

«Non esiste un modo corretto o sbagliato per approcciarsi a un compito così delicato. Esiste solo l’operare secondo coscienza di cristiano. Vorrei che la mia amministrazione s’impegnasse per migliorare il senso di appartenenza alla Confraternita, attraverso attività varie e momenti di formazione. Una comunità che pulsa 365 giorni all’anno e non solo durante la Tredicina o durante la Quaresima. Inoltre, mi piacerebbe che i rapporti tra le confraternite si slegassero della formalità comunicativa e intraprendessero progetti comuni di aiuto e di testimonianza. La diversità cromatica degli abiti confraternali non può e non deve essere diversità di intenti, soprattutto in questo periodo sociale particolarmente duro. Sono fiducioso che il nostro Vescovo possa fare da collante su questo tipo di iniziative».

 

 

Cosa chiedi ai tuoi confratelli?

 

«Mi piacerebbe che diventino dei rivoluzionari che rifiutano la logica dell’agio e dell’apparenza. Rivoluzionari proprio come rivoluzionario è stato Antonio di Padova che, abbandonato il benessere degli agostiniani, seguì l’unica logica dettata dal Vangelo: la logica del servizio. Spero che, che al di là di qualsivoglia differenza di veduta, si possa sempre convogliare nella preghiera comune. È l’unico presupposto per rendere attendibile il nostro essere un’associazione cristiana. Non a caso, si legge nel Vangelo di Matteo che “se, due o tre si riuniscono per invocare il mio nome, Io sono in mezzo a loro”»

 

 

Ti chiediamo, in ultimo, di rivolgere un messaggio al priore che ti ha preceduto.

 

«Credo che l’amministrazione presieduta dal priore De Felice abbia svolto un ottimo lavoro, forse oltre le più rosee previsioni. Non dimentichiamo che ha cominciato ad operare in condizioni non facili raccogliendo una confraternita sgomenta per la perdita del Priore Resta. Spero che la mia amministrazione sia degna dell’impegno profuso da quella attuale e che attinga da essa l’umiltà e la lungimiranza degli obiettivi».