Pubblicato il: 07 aprile 2015

Archiviato il: 11 giugno 2015

Sacre Rappresentazioni, le origini

 

 

La parola "rappresentazione" deriva dalla filosofia classica e indica l’esigenza umana di riprodurre qualcosa traducendo le azioni in immagini descrittive.

Fin dagli albori, il bisogno di rappresentare, (soprattutto per i fedeli che non capivano il latino) è sempre stato un imperativo morale per la Chiesa. Le più importanti sacre rappresentazioni erano costituite da scenografie multiple per allestire i vari quadri della vita di Cristo e pertanto, ben presto, le realizzazioni eseguite all'interno delle chiese ebbero bisogno di ulteriore spazio vitale spostandosi prima sui sagrati delle stesse e poi in zone cittadine caratteristiche.

 

Inizialmente gli attori (molto spesso abitanti delle città in cui la rappresentazione si svolgeva) recitavano la loro parte immobili davanti al pubblico a cui era lasciato l’itinere tra una palcoscenico e l'altro come in una specie di Via Crucis. Il forte richiamo della pietas popolare, intesa come espressione religiosa di un popolo che amava sentirsi vicino a Cristo partecipando sia attivamente che passivamente alle rappresentazioni, accrebbe il diffondersi di queste espressioni dando vita alla nascita di vere e proprio associazioni religiose: le cosiddette "fraternite" (poi "confraternite"). Gli attori appartenevano a questi sodalizi (o più raramente a un ordine religioso), spesso dovevano sciogliere un voto, e per questo non ricevevano alcuna paga. La confraternita di solito possedeva abiti di scena, barbe, parrucche, armi e quanto poteva occorrere.

 

Le rappresentazioni venivano eseguite abitualmente all'ora del vespro, ma qualche volta erano talmente lunghe che cominciavano la mattina. Anche la musica divenne ben presto protagonista nelle rappresentazioni sacre: i canti a cappella furono prima sostituiti da accompagnamenti di singoli strumenti musicali e successivamente dalla polifonia. Verso la metà del Cinquecento, a causa del dilagare dell'umorismo triviale e scurrile, le sacre rappresentazioni divennero sempre più scadenti. Divenne sempre più diffusa l'introduzione di elementi che avevano ben poco a che fare col dramma religioso e per questo motivo le sacre rappresentazioni furono duramente combattute dalla Controriforma: alla fine del Cinquecento le sacre rappresentazioni caddero in disuso nelle città. Nel Sette-Ottocento non si hanno quasi notizie: ma a partire dagli ultimi decenni del XIX secolo e soprattutto nel Novecento gli studi filologici e storico-letterari hanno rivalutato e approfondito questo particolare genere drammatico.

 

Il Papa ha più volte sottolineato che «la pietà popolare manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere»: pertanto, raccogliendo l’invito del Santo Padre, non vi sia esigenza, puramente estetica e quindi tipicamente terrena, di mostrare la perfezione dell’interpretazione mediante esecuzioni virtuose e complesse, ma si faccia della semplicità e della linearità le vere protagoniste, stravolgendo il concetto di bellezza, non sinonimo di complessità, ma di spontaneità ed umiltà.