Pubblicato il: 09 settembre 2017

Archiviato il: 21 ottobre 2017

Confraternita, come famiglia che educa a vivere da cristiani

 


La Confraternita non può essere considerata solo «un'associazione pubblica di fedeli della Chiesa cattolica che ha come scopo peculiare e caratterizzante l'incremento del culto pubblico, l'esercizio di opere di carità, di penitenza, di catechesi non disgiunta dalla cultura» (canoni 298 e seguenti del Codice di diritto canonico). O il luogo che si è obbligati a vivere per onore, onori, feste e responsabilità. Piuttosto, andrebbe vissuta e sentita come una “famiglia particolare” che, senza dubbio, non cambia il concetto di famiglia, ma anzi ne è rafforzata.

 

Vivere la Confraternita come una famiglia significa, ad esempio, educare ed educarsi ad essere più cristiani perché impegnato non solo a vivere nella difficile comunione con l’altro, ma anche a ideare e realizzare attività che possano “attrarre” il Confratello iscritto. Attrarre non solo per far numero, ma anche per offrire un segno di prossimità all’altro e di incontro con Cristo.

 

La Confraternita non può essere certo considerata o equiparata a una parrocchia, che è la fontana del villaggio, dove la gente comune, abbeverandosi di Cristo, si ritrova e si unisce diventando nuova comunità cristiana: a prescindere dalle finalità religiose e di culto, può ispirarsi proprio alla parrocchia nel suo stile di vita e di formazione cristiana.

 

Per altro, a ridosso dell’inizio di un nuovo anno pastorale confraternale, dobbiamo impegnarci a non trasformare la Confraternita in salotto dove si fa di tutto tranne ciò che aiuta ad incontrare Cristo e a conoscere in modo più approfondimento il messaggio di Sant’Antonio. O in un parlatorio dove è veramente difficile ascoltare la parola, vivere un incontro vero e vivificante con Cristo, formare comunità di fratelli che costruiscono la pace e la fraternità.

 

Confraternita è sinonimo di casa. E la Chiesa di Sant’Andrea è un piccolo gioiello incastonato nel Centro Antico di Molfetta, luogo di bellezza e di storia anche grazie al servizio instancabile di alcuni Confratelli (dall’Amministrazione al Sagrista) e di alcune Zelatrici. Mutuando l’esortazione apostolica Christifideles Laici di Giovanni Paolo II, possiamo affermare che la Confraternita «non è principalmente una struttura, è piuttosto la famiglia di Dio, come una fraternità animata dello spirito di unità, famiglia fraterna ed accogliente, comunità dei fedeli».

 

E come ogni famiglia, anche la Confraternita vive le sue stagioni di crisi, che sono anche parte della sua bellezza: le crisi (discussioni, confronti, visioni diverse delle attività, ecc.) devono essere sempre affrontate con coraggio, pazienza, prudenza e lungimiranza, con una costante presenza per creare spazi di comunicazione cuore a cuore. Solo così possiamo trasformare una “crisi” in un nuovo “sì” con cui la partecipazione e l’associazionismo cristiano possono rinascere rafforzati, trasfigurati, maturati e illuminati.

 

Ricordiamo, dunque, di vivere la vita associativa confraternale nel modo corretto: non come passatempo, non come salotto o parlatorio, né come teatro personale, né superiore a tutte le altre istituzioni ecclesiastiche che, per stessa ammissione della Dottrina della Chiesa, hanno una vera e propria missioni evangelizzatrice e edificatrice della Chiesa Sposa di Cristo. Il vero potere nella Chiesa, come affermato da Papa Francesco in una meditazione mattutina del 2013, è il servizio: «Per il cristiano andare avanti, progredire, significa abbassarsi. Se noi non impariamo questa regola cristiana, mai potremo capire il vero messaggio cristiano sul potere. E nella Chiesa il più grande è quello che più serve, che più è al servizio degli altri. Questa è la regola».

 

La Confraternita può diventare una comunità che, come una madre accogliente, diviene una casa per tutti, con le porte sempre aperte.

 

Marcello la Forgia