Pubblicato il: 10 aprile 2017

Archiviato il: 22 agosto 2017

Un tramonto da Dio

 


Mi è stato chiesto l’impossibile. Affiorano alla mente le parole efficaci di un filosofo che ho incontrato lungo gli studi: «La Strada non è impossibile, da quando l'Impossibile si è fatto nostra Strada» (Soren Kierkegaard). Non sapevo a cosa andavo incontro. Mi convinco, dunque, che è bene accettare l’invito: prendere parte alla Sacra Rappresentazione dell’Ultima Cena e della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, propostami dalla comunità confraternale di Sant’Antonio di Padova, assumendo le vesti del Cristo. Paure, dubbi, incertezze sulle mie capacità.

 

Rifletto sull’esperienza che l’evento offre. Si tratta di vivere e far vivere il cuore della vita cristiana, ma il timore che l’espressione artistica potesse sacrificarne in qualche modo il contenuto spirituale, mi spaventa e mi angoscia. Alle prime prove capisco di essermi sbagliato. Lo capisco dalla croce che troneggia sull’altare della chiesetta di Sant’Andrea in cui avvengono le prove. La scruto e mi sovverte. Mi ricorda il perché dell’essere lì, lo capisco dall’intensa preghiera che anima silenziosamente ogni prova, lo capisco dal clima di amicizia che si respira e dalle sensazioni di abbandono e di pace che ogni volta mi accompagnavano nel rientro a casa.

 

Mi accorgo immediatamente che non ho a che fare con degli attori in cerca di gloria, ma con persone autenticamente semplici e umili, anche loro come me in ricerca dell’Assoluto. Ora è tutta un’altra storia. Un casuale invito si trasforma in un sincero cammino con Gesù verso il Golgota della vita: donarsi per amore e solo per amore è il riscatto da ogni interiore schiavitù. Un’esperienza non per impersonare Gesù, ma per fare esperienza di Gesù, non per vivere una finzione, ma per cogliere nel suo meraviglioso messaggio d’amore il segreto della vita buona anche dentro le prove e le sofferenze delle storie umane. Dall’Ultima Cena con la lavanda dei piedi fino alla Passione, ho vissuto interiormente una catechesi vivente e profondissima. Mi chiedo che bello sarebbe, se anche noi, fossimo capaci di vivere ogni giorno così, con questa tensione all’amore verso l’altro!

 

Grazie Signore perché ho, ancora una volta, imparato a guardarti Crocifisso con uno sguardo diverso. Non ti vedo più immobile, stanco e quasi rassegnato, perché ho capito che devo vederti vivo, dialogante in chi ho sempre di fronte a me. Donami sempre il coraggio profetico di chinarmi a lavare i piedi per riconoscerti nello sguardo di chi incontro. Il dolore che ho visto sul tuo volto è comune a quello di ogni uomo. Signore, se non ti sei tirato indietro, e avresti potuto farlo, se hai scelto di morire per rivelarci che si può risorgere, allora c’è davvero speranza anche per tutti!

 

Grazie Signore perché, al tramonto di quel Martedì Santo, spezzando il pane e condividendo la coppa del vino, respirando la brezza marina davanti allo scenario del vecchio Duomo riflesso nello specchio d’acqua del porto, per una sera mi hai fatto percepire i brividi del tuo eterno amore.

 

don Beppe de Ruvo (ruolo di Gesù ed. VI, VII, VIII, IX e XXV)