Pubblicato il: 29 aprile 2018

Archiviato il: 29 maggio 2018

Opere di Misericordia & Confraternita: ammonire i peccatori

 

 

È sempre più facile, oggi, accusare puntando l’indice contro chi si ha di fronte e convincerlo della vi-sione errata della storia. Diventa sempre più difficile, invece, mettersi dalla parte di chi si ha di fronte partendo dalla propria posizione, dalla propria impressione che si percepisce di fronte all’evento. Questo perché, lasciando prevalere sempre se stessi, inserendo continuamente il proprio “io” nella relazione, non si lascia l’altro nella libertà di reagire e non rispettandolo mai nella sua diversità che lo caratterizza si finisce di sovrastare la sua dignità.

 

Spesso Gesù ha chiesto nelle sue esortanti predicazioni che è necessario sempre e comunque guada-gnare il fratello per ciò che è e non per ciò che ha. Questo non significa trascinarlo dalla propria parte, quanto piuttosto portare l’altro alla vita, incontro a Cristo, lungo una strada che se pur tortuosa e impervia lo condurrà all’autenticità della vita. Non si deve e non si deve volere di usare l’altro per raggiungere i propri fini. È sempre bene comprendere coscientemente cosa davvero faccia bene all’esperienza dell’altro. Nella capacità dialogica di Gesù, nelle sue conversazioni e dibattiti anche ac-cesi, non si troverà mai un vincitore o un vinto, ma sempre la parola credibile di mettere l’altro nella condizione di assumersi le responsabilità della vita per viverle efficacemente. Gesù recupera nell’uomo, suo interlocutore privilegiato, la responsabilità della vita materiale e spirituale dell’altro.

 

Nella correzione fraterna non ci si può improvvisare senza non possedere quell’ampia confidenza con la valutazione e la correzione di se stesso, senza non saper guardare con misericordia la propria debolezza e tantomeno non sapersi lasciar guardare dalla misericordia di Dio. Chi ammonisce deve essere il primo a mettersi in discussione, esaminando attentamente e costantemente se stesso e correggendosi frequentemente. Nello spazio confraternale la correzione fraterna, il rimprovero secondo il Vangelo, deve sempre essere un atto che unisce misericordia e verità, compassione e parresia, amore per il fratello e obbedienza al Vangelo, autorevolezza e dolcezza.

 

In cosa consiste la correzione fraterna? Il verbo greco (nouthetein), spesso utilizzato negli scritti neo-testamentari, indica il “porre la mente” (nous) su un altro per aiutarlo a scoprire i suoi sbagli e ad evitarli: dunque un’attenzione amorosa, un vigilare sulla vicenda di vita dell’altro per correggere i suoi eventuali errori. Il latino “corrigere” indica il “di-rigere insieme” (cum-regere) e denota il carattere condiviso, relazionale della correzione, in cui uno aiuta l’altro a dirigere la propria vita. Il verbo “ammonire” deriva dal latino “ad- monere”, in cui “monere” indica il “ricordare”: l’ammonizione è un far ricordare ciò che si è dimenticato, è un riportare alla realtà chi da questa si è allontanato.

 

La correzione fraterna esige equilibrio umano e molta fede, libertà e coraggio, grande senso del van-gelo. Deve essere esercitata con fermezza (Tt 1,13) ma senza asprezza (1 Tm 5,1), senza collera (Sal 6,2), senza esacerbare o umiliare chi viene corretto (Ef 6,4). Solo chi impara a riconoscere il male che abita dentro di sé può farsi carico del male del fratello e curarlo come esperto, solo in base alla pro-pria esperienza di malato che è stato a sua volta curato, di peccatore perdonato, di ferito guarito. Solo quando si entra in empatia con il fratello e si ritiene davanti a Dio che il peccato non sia “suo” o “mio”, ma un venir meno della propria umanità e un indebolire la comunità in cui si vive, si può entrare nel coraggio e nella libertà di chi osa fare o ricevere la correzione.

 

La correzione fraterna, dunque, richiede discernimento: è necessario scegliere il momento opportuno; esercitarla in modo da far crescere, mai diminuire, la stima che il fratello ha di sé; evitare che sia l’unica modalità con cui ci si rapporta con quel fratello; esercitarla sulle cose veramente essenziali; tendere a liberare, non a giudicare o a condannare; correggere sapendo di essere a propria volta peccatori e bisognosi di correzione. Se tutto questo sapremo attuarlo, la correzione fraterna potrà procurare un frutto di pace e di benedizione, sempre.

 

Don Nicola Felice Abbattista