Pubblicato il: 17 gennaio 2019

Archiviato il: 16 febbraio 2019

Natale 2018, il messaggio del Padre Spirituale

 


«Noi camminiamo a tastoni, ciechi, rasentando un muro: giacciamo come morti nelle tenebre; urliamo come orsi e gemiamo come colombe in attesa della salvezza».

 

Così parlava Isaia. Noi invece annunciamo una gioia grande: ecco il nostro Dio. Oggi è nato il nostro salvatore, Cristo Signore: questa è la nostra gioiosa certezza. Anche se molti uomini portano ancora incise nella loro vita le parole di Isaia, nella notte profonda il nostro orecchio ha sentito: la stella del mattino si è levata, per noi è nato un bambino.

 

«Questo Dio si è fatto per noi bambino e oggi per noi è nato. Cristo ha voluto essere chiamato «bambino» per molte ragioni, ma per brevità ne illustro una sola. Se fai un'ingiuria a un bambino, se lo provochi con un insulto, se lo percuoti, ma poi gli mostri un fiore, una rosa o qualcosa del genere, e mentre gliela mostri fai l'atto di dargliela, non si ricorda più dell'ingiuria ricevuta, gli passa l'ira e corre ad abbracciarti. Così, se offendi Cristo con il peccato mortale e gli fai qualsiasi altra ingiuria, ma poi gli offri il fiore della contrizione o la rosa di una confessione bagnata dalle lacrime - le lacrime sono il sangue dell'anima -, egli non si ricorda più della tua offesa, perdona la colpa e corre ad abbracciarti e a baciarti.

Oggi dunque ci è nato un bambino. E quali vantaggi ci sono venuti dalla nascita di questo bambino? Grandissimi vantaggi sotto ogni aspetto. Senti Isaia: “Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide, il bambino metterà la sua mano nel covo del regolo (serpente velenoso); non nuoceranno più e non uccideranno più in tutto il mio santo monte” (Is 11,8-9). O umiltà del nostro Redentore! O pazienza del nostro Salvatore! Egli, da solo, porta per tutti il legno al quale sarà appeso, inchiodato; sul quale dovrà morire e, come dice Isaia, “il Giusto perisce e non c'è alcuno che mediti nel suo cuore» (Is 57,1)” (dal Sermone di Natale di sant’Antonio).

 

Gesù non è una tradizione annuale, non è un mito, non è una favola. Gesù è parte della nostra storia umana. Il senso teologico della venuta di Cristo non distrugge di per sé la cornice festosa e la poesia del Natale, ma la ridimensiona e la colloca nel giusto contesto. Gesù che nasce è la Parola di Dio che si fa come noi, esseri umani, che siamo portati forse a soffermarci di più sul bambino, tenero e fragile, che non sul suo aspetto di Verbo Incarnato. Non è facile neppure tentare di descrivere l’unico grande mistero dell’Incarnazione di Dio. Come scrive Giovanni, «non basterebbero tutti i libri della terra».

 

E il Verbo si è fatto Carne, cioè si è fatto uno di noi, in tutto eccetto il peccato. L’incarnazione, il divenire del Figlio di Dio in carne umana, non la consideriamo abbastanza. Infatti, l’Onnipotente che si fa debole, fragile, che si abbassa fino a noi. Ecco l’umile per eccellenza. Come siamo superbi a tal punto da non apprezzare questo dono meraviglioso: un Dio che si avvicina a noi, che si fa nostro compagno di viaggio. Come diceva Papa Benedetto, la fede è incontro con Lui, sì Lui l’onnipotente che si abbassa fino a me per arricchire la mia povertà. La vita cristiana si vive partendo proprio da questo mistero di amore, quello di un Dio Creatore che cerca la sua creatura per arricchirla.

 

Ma non vorrei dimenticare la presenza di Maria e di Giuseppe nel mistero del Natale. Ecco un passaggio importante tratto dal Sermone di Natale di Sant’Antonio: «A te, o beata Vergine, sia lode e gloria, perché oggi siamo stati ricolmati dei beni della tua casa, cioè del tuo grembo. Noi che prima eravamo vuoti, ora siamo pieni; noi che prima eravamo malati, ora siamo sani; noi che prima eravamo maledetti, ora siamo benedetti, perché, come dice il Cantico dei Cantici: “Ciò che da te proviene è il paradiso”, o Maria! (Ct 4,13).

 

Continua l'evangelista: “Diede alla luce il suo figlio primogenito” (Lc 2,7). Ecco la bontà, ecco il paradiso! Correte dunque, o ingordi, o avari, o usurai, voi cui piace più il denaro che Dio, correte e “comprate senza denaro e senza alcuna permuta” (Is 55,1) il frumento e il grano che oggi la Vergine ha tratto dal tesoro del suo grembo. Diede dunque alla luce il figlio. Quale figlio? Il Figlio di Dio, Dio lui stesso. O tu, donna più felice di ogni altra, che hai avuto il figlio in comune con Dio Padre! Di quale gloria risplenderebbe una misera donna se avesse un figlio da un imperatore di questo mondo? Di gran lunga più grande è la gloria di Maria che ha condiviso il Figlio con Dio Padre».

 

Giuseppe, dopo Maria, sua sposa, il più grande dei Santi. Molti sono convinti che la santità si misuri sui miracoli o sulla popolarità: per questo, in un’ipotetica classifica dei Santi metterebbero al primo posto Sant’Antonio da Padova, San Gennaro, o Padre Pio da Pietrelcina. Eppure, la grandezza dei Santi si misura sul compito che Dio li ha chiamati a svolgere a favore della sua Chiesa e sulle grazie che Dio concede per il buon esito della missione loro affidata.

 

In questo senso, è facile capire perché nell’ordine della santità la più grande di tutti è, senz’ombra di dubbio, la Vergine Maria: chiamata da Dio Padre a essere Madre del suo Figlio Unigenito.

 

Non è, invece, altrettanto facile per alcuni capire che, applicando questo stesso criterio di grandezza tocca di diritto a San Giuseppe: Dio lo destinò a presiedere la Santa Famiglia come vero sposo di Maria Santissima, e a fare da padre a Gesù sulla terra, dandogli il nome, la famiglia, la patria, la discendenza davidica, lo stato civile, la lingua, la religione e la cultura del suo popolo, la professione di falegname.

 

Tutto quello che un vero padre dà a suo figlio, eccetto (in questo caso straordinario) la generazione naturale: per ciò stesso, fin dall’eternità Dio colmò San Giuseppe di tutte le grazie necessarie alla sua altissima missione, seconda soltanto a quella della Madre di Dio. Grazie straordinarie, come straordinari erano i compiti che Giuseppe di Nazareth avrebbe dovuto affrontare: stare al fianco di Maria come "degno sposo della Madre di Dio", fare da padre a Gesù, difendendolo e nutrendolo nella sua infanzia, educandolo nell’adolescenza e nella giovinezza, facendogli da maestro di vita nell’età matura. Meritò, giustamente, l’amore, la stima e l’ammirazione di Maria Santissima e quella ancor più prestigiosa del Figlio di Dio e dell’Eterno Padre. Di quale altro Santo si può dire lo stesso?

 

Auguro che il mistero di Amore del Natale, il Dio fatto Uomo per noi, raggiunga tutti voi e le vostre famiglie. E chiudo con una preghiera di Giovanni Paolo II a Gesù Bambino.

 

 

Bambino Gesù, asciuga ogni lacrima

 

Asciuga, Bambino Gesù,

le lacrime dei fanciulli!

Accarezza il malato e l’anziano!

Spingi gli uomini a deporre le armi

e a stringersi in un universale

abbraccio di pace!

Invita i popoli, misericordioso Gesù,

ad abbattere i muri creati dalla miseria

e dalla disoccupazione, dall’ignoranza

e dall’indifferenza, dalla discriminazione

e dall’intolleranza.

Sei tu, Divino Bambino di Betlemme,

che ci salvi, liberandoci dal peccato.

Sei tu il vero e unico Salvatore,

che l’umanità spesso cerca a tentoni.

Dio della pace, dono di pace

per l’intera umanità, vieni a vivere

nel cuore di ogni uomo e di ogni famiglia.

Sii tu la nostra pace

e la nostra gioia!

 

don Vito Marino (Assistente Spirituale)