Pubblicato il: 06 agosto 2021

Il Santo, il pane, la scoperta

di don Gino Samarelli

 

 

Provate a immaginare di svegliarvi e trovarvi in un posto, familiare sì, ma non praticato e per questo sconosciuto.

 

Così è successo a me. E se vi sembra strano che sia accaduto ad un sacerdote nella sua parrocchia, farete bene a rivalutare la normalità anche dei preti quando questi vivono tra la gente e per la gente.

 

Partiamo dall’inizio, quando per ragioni di opportunità e di distanziamento a causa della pandemia, la Confraternita di Sant’Antonio mi chiese di poter celebrare e venerare nel Duomo il Santo di Padova durante la Tredicina e la festa del suo Dies natalis il 13 giugno u.s.

 

Alla mia risposta affermativa, seguì un incessante e sistematico indottrinamento sul da farsi, sui testi da utilizzare, sui riferimenti scritturistici da commentare e, non ultimo, sulle modalità del servizio liturgico da osservare. Mi sembrò di essere tornato a scuola, dovevo imparare tutto e in fretta, ma con un maestro d’eccezione, Luigi, che nonostante l’età, non difettava né in competenza né in chiarezza. La sua commovente premura era segno di una profonda venerazione per il Santo che traspariva da ogni azione.

 

Il susseguirsi dei giorni mi ha permesso di conoscere non soltanto l’Amministrazione col suo Priore Giuseppe ma anche i fedeli che zelano la devozione al Santo ricavandone sempre ammirazione e persino simpatia. E non importa che, come penso, ci siano problemi e difficoltà anche all’interno di questo sodalizio come in tutte le realtà associative, ma viverle con l’intento di migliorare e dare lustro ad una realtà così ricca di tradizione, è un impegno costruttivo e propositivo che non può che fare onore.

 

Tutta questa esperienza posso riassumerla nel gesto finale che ho vissuto: il dono del pane.

 

Tutti conosciamo la storia di Tommasino, il piccolo, morto annegato e miracolato per intercessione del Santo e la successiva tradizione del “pane di sant’Antonio” quale promessa di riconoscenza; ebbene, anch’io ho voluto donare il “pane” recandomi prima dal panificio per la prenotazione e poi curandone la distribuzione. È stato un gesto così semplice da provare quella genuina emozione delle cose piccole che spesso restano accantonate nei vecchi ricordi del passato. Vedere con quanta attenzione e devozione veniva portato a casa un tozzo di pane, fresco e genuino, o consegnato a qualche ammalato come pegno di speranza, ha significato per me la ricompensa più bella di un impegno parrocchiale a servizio della Confraternita.

 

In conclusione non posso che dire grazie a coloro che hanno voluto condividere con me questa esperienza e formulare un augurio al Padre spirituale don Vito Marino e a tutta l’Amministrazione perché la devozione al Santo di Padova diventi per tutti occasione di santificazione.